Home      Novitą        Bacheche       Inserti     ¤Nazionedelmese¤       Mediterraneo   Libro Ospiti  Segnalaci un sito  Links Rapidi
General : INVISIBILI - Finalmente un PROGRAMMA VERO!
Choose another message board
 
Prev Discussion  Next Discussion  Send Replies to My Inbox 
Reply
Recommend  Message 1 of 18 in Discussion 
From: MSN NicknameCreativaĀ®  (Original Message)Sent: 6/4/2003 11:34 AM
 Ieri sera - o devo dire stanotte - č andata in onda l'ultima puntata del programma tv INVISIBILI su Italia Uno.
Volete un aggettivo? INTENSO.
Sembrerebbe strano se si pensa che Italia Uno č notoriamente Votata al pubblico giovanile.
Diventa oltremodo straordinario se si pensa alla Potenzialitą  della Comunicazione Tv - immagini e parole insieme - si Comunicazione, netta, cruda, prudente e vicina insieme.
 
Invisibili ha raccontato in alcune settimane - due per puntata - un piccolo numero di storie di chi vive sulla strada da anni, di chi Aveva una Vita Normale - casa, lavoro, famiglia... - e per eventi di propria responsabilitą  - le cosiddette strade di eclissamento in discesa - oppure per Crudele Fatalitą , hanno perso TUTTO. E hanno smesso di Lottare, di essere Produttivamente integrati, hanno messo da canto la propria Identitą  - quella fatta di casa, lavoro, famiglia - e hanno iniziato un percorso di Sopravvivenza - Adattamento, percorso in cui la prima sfida credo sia quella di Bastare a se stessi Affettivamente, chissą  se mai si vince questa sfida verso l'egoismo puro.
Penso per precisa scelta della Redazione Programma, le storie raccontate riguardano persone che si sono sempre mantenute nell'ambito dell'ONESTA'. Sopravvivono di offerte, di piccoli lavoretti o servizi per terzi, di aiuto d'economia del quartiere di cui ormai da anni fanno "arredamento fisso".
Invisibili, sensibili e profondi. A volte Grintosi altre volte menefreghisti. Vittime e carnefici di se stessi. Uno specchio in cui non č sempre comodo rispecchiarsi.
 Sarą  il caso di non essere sfuggenti o frettolosamente Giudicanti verso il mondo dei Clochards.
Svincolato si da tanti obblighi ma sbiadito per tanti che volgono sguardo altrove.
 
Pudore e sorrisi stentati. Umanitą  scoperta. Grazie per una volta alla tv.
Creativa


First  Previous  4-18 of 18  Next  Last 
Reply
Recommend  Message 4 of 18 in Discussion 
From: MSN NicknameCreativaĀ®Sent: 6/4/2003 11:46 AM
II PUNTATA

LA STORIA DI NEREO

La prima storia č quella di Nereo. Nereo vive in una piazza del quartiere Prati di Roma. Prati č un quartiere benestante. A Prati ci sono gli studi dei pią¹ importanti avvocati e notai di Roma. A Prati c'č la RAI e gli appartamenti di Massimo D'alema e Maurizio Costanzo, di Francesco Cossiga e di chissą  quanti altri. A Prati, un appartamento costa mediamente 5000 euro a metro quadro. Nereo vive di elemosina, dorme sui cartoni, mangia quello che capita e fa i suoi bisogni proprio al centro di quel quartiere. E precisamente nei giardinetti di Piazza Mazzini.

Nereo č sereno, conduce una vita regolare, tutte le mattine incontra le stesse persone, č integrato nel quartiere: una volta a settimana va alla posta per conto del droghiere a pagargli le bollette, quasi tutti i giorni va in banca per il panettiereā€¦ tutti si fidano di lui e lui si fida di loro. Nereo č uno di quelli che non avrebbe mai pensato di diventare come č adesso. Perchč Nereo č uno che ha sempre lavorato, che si č sempre rimboccato le maniche. Eppure, a volte, non basta. Non basta quando la vita ti pone davanti a delle difficoltą  che da solo non riesci a superare. E a chiedere aiuto non ti va.

LA STORIA DI PAOLA

Paola č una di quei barboni che dorme alla Stazione Termini. E per la paura che qualcuno le rubi qualcosa dorme pochissime ore a notte. Paola ha 62 anni e lą¬, al binario 1 della stazione, ci vive da 8 anni. Paola vive su una sedia a rotelle e quella sedia a rotelle, Paola, l'ha caricata di buste: buste piene di vestiti e di coperte, di cibo e di niente. Una sedia a rotelle che č diventata pesante. Di Paola si puą² pensare che sia una donna debole, remissiva, che abbia passato una vita a subire passivamente, una donna senza carattere. Invece č esattamente il contrario. Paola č stata sposata, ha avuto un figlio che č morto all'etą  di un anno. Lavorava al mercato, vendeva bigiotteria e dopo la separazione dal marito viveva a casa di un un'amica. Paola soffriva anche di forti emicranie e un giorno mentre camminava in stazione ebbe un capogiro e finą¬ sotto un treno. Le fu amputata una gamba. Dopo poco tempo litigą² anche con l'amica che l'ospitava e se ne andą² da quella casa. Paola da allora non č mai riuscita ad avere una pensione d'invaliditą  e un buco di casa.

Alla realizzazione di Invisibili ha contribuito l'antropologo Federico Bonadonna, che modererą  il forum di confronto sui temi della trasmissione. Il forum come punto di riflessione su una tematica complessa da interpretare e analizzare.

Clicca per entrare nel forum

Si puą² chiamare il numero 06/4190357.

Oppure contattare la redazione scrivendo all'indirizzo e-mail:
invisibili@mediaset.it

Reply
Recommend  Message 5 of 18 in Discussion 
From: MSN NicknameCreativaĀ®Sent: 6/4/2003 11:49 AM
III PUNTATA
 
LA STORIA DI ROBERTO
 

Roberto ha 36 anni e vive a Roma sotto, una tenda, sull'argine del Tevere di fronte all'Isola Tiberina. Di giorno Roberto fa l'elemosina per strada a Trastevere mettendo in scena alcuni spettacolini per i passanti. Sono dieci anni che Roberto sta sulla strada, sempre a Roma, sempre sotto una tenda. Roberto ha un figlio che non ha mai visto. Perchč la sua fidanzata di allora, dopo essere rimasta incinta di Roberto non ne ha voluto pią¹ sapere.

Roberto č nato in Svizzera perchč i suoi genitori erano emigrati per cercare lavoro. Il padre faceva l'operaio, la madre pure. Ma quando Roberto ha 20 anni, un giorno trova in casa il padre che si č impiccato. Dopo 4 anni anche la madre muore, di tumore, Roberto nel frattempo č tornato a Roma. Le sue esperienze di lavoro sono disastrose, fa l'elettricista presso pią¹ di una ditta che alla fine dell'impiego neanche lo pagano. Dorme presso uno zio che dopo un po' lo butta fuori di casa.

E Roberto si trova per la strada. Conosce una ragazza, ma i genitori di lei boicottano la loro relazione. Fino a quando la ragazza rimane incinta e a Roberto non lo vuole pią¹ vedere. Roberto, per la strada, ha cambiato dimora tante volte. Per un motivo o per un altro č sempre stato sgomberato dalle autoritą .

LA STORIA DI  MARIO
Mario ha 76 anni ed č un barbone diverso dagli altri. Mario č un barbone a cinque stelle, come lui stesso si definisce. Mario una casa ce l'ha, una pensione minima ce l'ha, eppure vive come un barbone. Mario raccatta per la strada un sacco di cose che lo interessano e le porta a casa, gira pieno di buste, va a prendere i vestiti in una Parrocchia, mangia ad una mensa per poveri, si arrangia insomma anche se potrebbe fare una vita completamente diversa.

Ma Mario č fragile come un bambino, si fa comandare da una donna che abita a casa sua, la sua fidanzata, e gira per Roma rimediando qua e lą  quello che gli serve per vivere.
Mario č nato a Roma, si č sposato con un matrimonio combinato dalla madre quando aveva 41 anni e per un breve periodo della sua vita lavora come insegnante di italiano in una scuola per stranieri. Poi la sua vita si sgretola...

La moglie lo lascia e si porta via il bambino. Mario non ci sta, si riprende il bambino e va a vivere a Genova presso un Conte che lo mantiene. Quando il figlio ha diciotto anni decide di tornare a Roma dalla madre. Mario anche torna a Roma, poi i genitori muoiono e gli lasciano una discreta ereditą  che Mario dilapida nel giro di poco tempo.
Da 20 anni Mario gira per Roma pieno di buste e sacchetti. 

Alla realizzazione di Invisibili ha contribuito l'antropologo Federico Bonadonna, che modererą  il forum di confronto sui temi della trasmissione. Il forum come punto di riflessione su una tematica complessa da interpretare e analizzare.

Clicca per entrare nel forum


Reply
Recommend  Message 6 of 18 in Discussion 
From: MSN NicknameCreativaĀ®Sent: 6/4/2003 11:52 AM

IV PUNTATA

LA STORIA DI CHRISTIANE (e PASCAL)

 

Christiane nasce a Berlino 47 anni fa: la sua č una solida famiglia borghese incentrata sulla figura del padre, un affermato professionista. Christiane e il fratello vivono un'infanzia felice e senza problemi. Poi un giorno i genitori si separano e il padre incomincia ad apparire sotto una luce diversa.

Christiane ha 16 anni, accusa il colpo, viene bocciata e decide di abbandonare la scuola. Il padre inizialmente le offre di collaborare nel suo studio dentistico ma la cosa non funziona. Christiane abbandona la famiglia e il lavoro, scopre la droga, rimane incinta di un ragazzo con cui sta per pochi mesi. Nell'81 nasce Pascal. Tre anni dopo Christiane sale su una vecchia macchina che traina una vecchia roulotte e si trasferisce in Italia col figlio di 3 anni. Appena arrivata a Torvaianica le rubano la borsa con tutti i soldi. Christiane vende la macchina e la roulotte e inizia a cercare qualche sistemazione. Sempre precaria.

La vita di strada č incompatibile con l'educazione scolastica del figlio che dai 6 ai 14 anni viene affidato a una casa famiglia. Subito dopo la terza media Pascal ritrova la madre, e la strada. Christiane e il figlio Pascal ormai maggiorenne vivono oggi in una vecchia roulotte dietro al mattatoio di Roma. (I foto a destra)

LA STORIA DI MARIO T.

Mario T. č romano, ha 52 anni e non considera affatto la strada una scelta... 'ma non ci vuole niente a finire nella merda'. Figlio di un carabiniere, Mario ha soli 8 anni quando subisce una violenza. Terminato il liceo classico alla fine degli anni Sessanta, Mario si dą  al cinema ottenendo delle piccole particine.

A vent'anni, giovane, bello e hippie, Mario si innamora di una ricca ragazza inglese, la sposa e con lei si trasferisce in Inghilterra dove nascono due figlie che oggi hanno 32 e 26 anni, che non vede da moltissimi anni. La vita a Londra potrebbe essere una favola ma Mario, playboy incallito, rovina tutto.

La moglie lo lascia e a 26 anni Mario torna a Roma dove trova lavoro come elettricista a Cinecittą . Come tecnico delle luci lavora con i maggiori registi del cinema italiano: da Fellini a Scola, alla Cavani etc... Dice di aver conosciuto gli attori e le attrici pią¹ famose, di aver frequentato i migliori alberghi in tutto il mondo, di avere avuto un numero spropositato di donne.

Nell'85 ha la seconda relazione lunga della sua vita: Mario si risposa e nascono altri due figli, un maschio alla fine dell'85 e la terza femmina nell'88. Anche questo matrimonio va a rotoli. Mario sta male, inizia a bere e alzarsi ogni mattina diventa sempre pią¹ difficile. Mario finisce sulla strada. (II foto a destra)

Alla realizzazione di Invisibili ha contribuito l'antropologo Federico Bonadonna, che modererą  il forum di confronto sui temi della trasmissione. Il forum come punto di riflessione su una tematica complessa da interpretare e analizzare.

Clicca per entrare nel forum

Si puą² chiamare il numero 06/4190357.


Reply
Recommend  Message 7 of 18 in Discussion 
From: MSN NicknameCreativaĀ®Sent: 6/4/2003 11:54 AM

 

V PUNTATA

LA STORIA DI EVIO

 

Evio ha 44 anni ed č uno dei clochard pią¹ famosi di Roma. A Trastevere lo conoscono tutti per la sua umanitą  ma anche per le sue provocazioni teatrali (qualche tempo fa andava in giro vestito da Giulio Cesare chiedendo qualche tributo per l'impero romano), oltre che per le sue iniziative di ā€œmarketingā€ a favore di coloro che vivono sulla strada.

Ideatore della prima Associazione di barboni autogestiti e fondatore dell'Universitą  dei senza fissa dimora, Evio si considera a tutti gli effetti il primo cittadino di ā€œBarbon cityā€ e il sindacalista dei senza tetto. Da oltre 15 anni, cioč da quando aveva 28 anni, Evio sta sulla strada e dorme dove gli capita, preferibilmente in case occupate. In questo periodo per esempio occupa con la sua compagna un sottotetto di una casa abbandonata e fatiscente di Piazzale della Radio, zona Ostiense.

I pochi euro che gli servono per svangare la giornata Evio li guadagna con una colletta ā€œcreativaā€. In pratica si muove di bar in bar con una vecchia teiera e avvicinando i clienti dice:ā€ questa č la lampada di Aladino, esprimi un desiderio e mettici un soldinoā€. Dopo tanti anni di questa vita perą² Evio incomincia ad essere stanco, a sentire la nostalgia per una vita normale che in fondo ha fatto per troppo poco tempo. Perchč un'infanzia normale Evio non l'ha avuta.

Nato in una famiglia modesta viene mandato presto a vivere prima con i nonni e poi in un istituto. Lasciata la scuola dopo la quinta elementare Evio inizia a lavorare nei ristoranti e la cosa sembra piacergli tanto che arriva alla posizione di aiuto cuoco. Quando le cose sembrano funzionare Evio č a Genova e sta per sposarsi con Antonella, una ragazza che aspetta un figlio da lui. Un destino tragico attraversa la vita di Evio e la tragedia porta Evio sulla strada. (I foto a destra)

LA STORIA DI ELISABETTA

Elisabetta ha 59 anni e come tutte le persone che vivono sulla strada, il suo č un volto segnato, ma anche molto intenso, dolce, ironico, assomigliante in modo sorprendente al premio Nobel per la pace, la guatemalteca Rigoberta Menchą¹.

La storia di Elisabetta č incredibile perchč racconta di una persona che proviene da una famiglia solida (il padre era generale dell'Aeronautica, due fratelli con cui non ha rapporti si sono costruiti una famiglia benestante), educata secondo valori e principi borghesi, che finita la scuola viene assunta come impiegata in una grossa societą , dove i posti di lavoro sono pressochč intoccabili. Eppure qualcosa di grosso e di tragico succede, perchč la vita di Elisabetta a un certo punto prende una china dalla quale č difficile risalire.

Un matrimonio finito a rotoli e nell'alcol fa perdere a Elisabetta il posto di lavoro. Basta un anno perchč Elisabetta perda anche la casa e la capacitą  di trovare un nuovo impiego. Elisabetta finisce a dormire in macchina, poi attraverso un'associazione che aiuta i senza fissa dimora, riesce a procurarsi una roulotte che parcheggia accanto ai Mercati generali. In una notte di 10 anni fa la roulotte viene incendiata e da allora Elisabetta dorme sotto la tettoia dell'ufficio postale di Ostiense. (II foto a destra)

Alla realizzazione di Invisibili ha contribuito l'antropologo Federico Bonadonna, che modererą  il forum di confronto sui temi della trasmissione. Il forum come punto di riflessione su una tematica complessa da interpretare e analizzare.

Clicca per entrare nel forum

Si puą² chiamare il numero 06/4190357.

Oppure contattare la redazione scrivendo all'indirizzo
e-mail: invisibili@mediaset.it


Reply
Recommend  Message 8 of 18 in Discussion 
From: MSN NicknameCreativaĀ®Sent: 6/4/2003 2:18 PM

Federico Bonadonna
Il nome del barbone
Vite di strada e povertą  estreme in Italia

Introduzione di
Mario Picchi

Pagine 192 - 20 illustrazioni
Euro 13,43

Immaginate di trovarvi per la strada senza sapere dove andare, perchč non avete nč una casa, nč un amico, nč un parente, nessuno che vi accolga. Come siete finiti nella condizione di non-ritorno poco importa, certo č che dalla strada non potete andarvene. La strada diviene cosą¬ un campo di concentramento senza reticolato. Un lager senza kapą², una prigione senza sbarre, ma senza via di scampo.
Dietro l'ideologia del vagabondaggio, del barbone-ribelle, del clochard-poeta, si cela un mondo di miseria e solitudine che oggi si manifesta in tutto il suo potente degrado: 150.000 persone senza fissa dimora solo in Italia. Il cosidetto "barbone" non č che la punta di un iceberg, il personaggio pią¹ noto per indicare chi vive per strada. I barboni esistono eccome, ma sono una piccolissima parte dei numerosi senza fissa dimora.
Il testo č il risultato di una ricerca sul campo condotta su questo "popolo". L'autore ha passato quasi un anno tra senza fissa dimora, raccogliendo le loro storie di vita, guardando alle loro capacitą  di adattamento, seguendo i loro itinerari urbani. Ha vissuto con loro notte e giorno, con la pioggia, il gelo o il sole, li ha osservati recarsi nei "luoghi del sonno" (sotto i cavalcavia e nella baraccopoli) e nei "luoghi del lavoro" (agli incroci stradali e di fronte ai grandi magazzini) dove si chiede l'elemosina. Di alcuni č diventato amico. Molti sono morti. Chi per aids, chi per overdose, chi per freddo, sotto gli sguardi indifferenti dei passanti o in anonimi ospedali cittadini.

Federico Bonadonna č ricercatore in sociologia. Ha lavorato per anni a fianco di Don Di Liegro, il coraggioso presidente della Caritas recentemente scomparso. ąˆ stato consulente presso l'Assessorato alle politiche sociali del Comune di Roma. Attualmente collabora con la clinica dermatologica San Gallicano, sempre a Roma.
Una delle poche ricerche sul campo che indaga dall'interno il mondo della marginalitą  estrema. Una narrazione forte e toccante che vede il mondo dal punto di vista di chi ne č escluso. Il libro č corredato da 20 foto raccolte dall'autore nel suo viaggio nel mondo dei senza fissa dimora.

 

Non vedo e non sento telefonicamente Marco da qualche giorno, forse da quando č uscito dal San Giovanni. Cosą¬ in un pomeriggio tiepido di maggio vado a cercarlo al bar di Franco, ma nessuno sa dirmi dove sia. Allora vado a piazza Trilussa dove incontro Leo e Salvatore: "Marco s'č accasato con una donna qui de Trastevere, una certa Mariella, ormai nun c'ha pią¹ problemi!", dicono. Chiedo dove abiti questa donna, ma loro mi danno indicazioni vaghe, "verso via della Scala".
E' un pomeriggio di primavera, dolce, profumato, leggero. Finalmente abbiamo l'inverno alle spalle. "Non puoi capire quanto dura un inverno se non vivi per la strada", ripete sempre Marco. Ha ragione. Ho voglia di stare fuori, di respirare, di finire questa ricerca: l'odore della strada ormai mi resta dentro anche dopo la doccia serale.
Proprio in via della Scala vedo un uomo e una donna seduti ad un tavolino di uno di questi nuovi baretti un po' radical chic della zona. I due mi ispirano. Chiedo loro se conoscono Marco. Mi invitano a sedere e rispondono che stava seduto dove adesso sono io fino a mezz'ora prima. La donna si presenta, il suo nome č Mariella. L'uomo, sulla quarantina, parla molto. č palesemente ubriaco, ma alterna sprazzi di luciditą . Dice di essere un attore. Ha un accento indefinibile del nord Italia. Indossa una candida camicia bianca. Mariella intanto palesa segni di noia. č una donna sulla cinquantina, con i capelli grigi che tira all'indietro in continuazione alzando il mento con fare seduttivo e un sorriso ammicante che mostra una sdentatura quasi completa. Ripete ogni due su tre che io sono educato e che si vede che provengo da una buona famiglia. Dice che questa sera ci sarą  un'importante puntata di Beautiful in televisione che lei non vuole assolutamente perdere. Il dialogo tra i due č al limite dell'assurdo perchč nessuno ascolta quello che dice l'altro. Entrambi si rivolgono a me chiedendomi: "Non ho ragione?". Mi chiedo dove sia andato a finire Marco. Mariella tratta ostentatamente male l'attore. Lui vorrebbe che lei gli offrisse da bere. Lei dice che non pagherą  un bel niente. Allora lui la incalza su Beautiful dicendo che č roba da casalinghe frustrate. Lei gli risponde che i suoi sono pregiudizi da intellettuale fallito. Poi si alza bruscamente dalla sedia: "Mi hai rotto i coglioni con i tuoi discorsi. Io vado a casa, perchč io ho una casa, mica come te, pezzentone", dice. L'enfasi cade sul quel "io ho una casa". Quindi aggiunge: "Vado a vedermi Beautiful", e rivolgendosi a me in modo suadente bisbiglia: "Federico, se vedi Marco, puoi dirgli per favore che lo aspetto a casa perchč non posso pią¹ sopportare la presenza di quest'uomo, mi angoscia, scusami tanto".
Io riprendo a parlottare con l'attore fino a quando non abbiamo pią¹ niente da dirci. Quindi ricomincio le mie ricerche.
Finalmente incontro Marco che deambula vicino al bar di Luca. Ci fermiamo a parlare. Sembra felice, in realtą  č molto preoccupato per il suo fegato. Torniamo insieme verso via della Scala dopo quasi un'ora. L'attore non c'č pią¹. Marco č dispiaciuto. Dice che č una persona molto valida. Dopo un po' si sarą  dimenticato sia il nome dell'attore sia della sua esistenza di cui non riuscirą² pią¹ a sapere nulla. Le cose vanno cosą¬ per la strada, incontri talmente tante persone, spesso logorroiche per astinenza da comunicazione, che sei fisiologicamente costretto a dimenticartene. Marco mi racconta di Mariella. č molto contento di aver trovato una sistemazione. Da quello che mi avevano detto Leo e Salvatore e da cią² che mi racconta Marco, ho idea che la sua situazione sia a un punto di svolta, finalmente stabile, anche se dura solo da un giorno. Ma il tempo sulla strada ha un'altra dimensione e le persone che lo vivono sono capaci di dilatarlo fino all'inverosimile. "Lo stile č anche saper utilizzare quei pochi secondi di pace che ti capitano ogni due o tre giorni", dice Marco. "Bisogna prendere quei secondi e strizzarli, togliere tutta la pace fino a lasciarli come carta straccia! Sono assetato di pace. E allora, visto che la quantitą  purtroppo č scarsa, almeno rendiamo godibile la qualitą  di questa pace. Tre secondi ogni due mesi? Bene, ma che siano tre secondi intensi, che ricaricano le batterie!", dice. Dopo meno di due ore passate insieme ho gią  dato a Marco trentamila lire. Lui ha comprato una rosa per Mariella pagandola tremila lire senza contrattare sul prezzo. Io ho preso il vino per la cena. Poi siamo passati al bar per l'aperitivo. Lui ha bevuto tre vodka lisce. Dice che quando si ha in programma di smettere di bere il desiderio aumenta.
Quindi siamo andati verso casa di Mariella che abita dietro via della Scala, in un bell'appartamento che ā€“ dice lei facendomi un cenno solenne con la mano di entrare ā€“ le hanno regalato i suoi genitori con tanti sacrifici. Sarą  grande una cinquantina di metri quadrati. Il salotto ha i soffitti a cassettoni di legno scuro. C'č un pianoforte a coda nero al centro del salone illuminato con fasci di luce dal basso verso l'alto. Dalla penombra emerge la figura di un divano molto bello. Guardandolo da vicino perą² mi accorgo che " lercio con la tappezzeria lisa e in certi punti a brandelli. Stesso discorso per le due poltrone.
Mariella sta ascoltando il Requiem di Mozart ad un volume improbabile. č contenta di avere ospiti anche se, premette, non potrą  darci molta della sua attenzione, perchč tra pochissimo inizierą  Beautiful. Poco male, penso tra me. Con la penombra non avevo notato che nel salone c'č" un angolo cottura. Il lavandino, occupato da una pila alta e traballante di piatti sporchissimi, emana un fetore terribile di cibo in decomposizione. Per fortuna non fa ancora molto caldo.
Mentre loro se ne stanno seduti chiacchierando amabilmente, indifferenti dell'inferno di sporcizia che li circonda, la mia fronte si imperla di sudore e inizio a sentirmi male. Mi invitano sul divano versandomi del vino in un bicchiere che di quest'ultimo ha solo la forma. Ho lo stomaco serrato per gli odori violenti e se voglio evitare di fuggire, devo inventarmi un diversivo.
Per fortuna inizia Beautiful. "Proprio perchč non č intellettuale mi rilassa", dice Mariella, "sai, passando tutto il giorno tra i libri... e poi non sopporto questi intellettuali snob che...". La frase rimane in sospeso perchč Mariella viene magneticamente attratta dalle immagini della televisione. Senza distogliere lo sguardo dal video, Mariella urlacchia che la donna delle pulizie la prende in giro. "Si fa pagare una tombola per non fare niente. Ma adesso la licenzio!", dice accennando una cadenza da nobile decaduta. Marco se ne sta buttato sulla poltrona. Dice che gli piacerebbe mangiare della verdura per via del suo stomaco ormai a pezzi. Mariella, distrattamente, dice che ci sono solo degli spinaci surgelati perchč oggi non ha avuto tempo di fare la spesa: "Ma adesso lasciatemi vedere Beautiful in pace e state zitti!", conclude perentoria. Visto che Marco sta male mi offro di cucinare. A disposizione della cucina c'č" solo una pentola lercia che non posso nemmeno lavare perchč il lavandino " strabordante di piatti sudici e maleodoranti. E poi non c'č nemmeno una spugnetta con cui lavarla. Cerco di farlo presente alla padrona di casa, ma lei non puą² sentirmi perchč " praticamente magnetizzata dallo schermo. Tento allora di arrangiarmi con un rotolo di carta igienica ma, non essendoci detersivo per i piatti, l'impresa " impossibile, oltrechą‰ repellente. La pentola " talmente incrostata che nemmeno l'acido muriatico potrebbe qualcosa. La puzza " insopportabile e io ho conati continui che non si sviluppano in vomito solo perchč non ho mangiato nulla da molte ore. Il mio unico desiderio " uscire da questo delirio.
Per disperazione riempio la pentola lercia di acqua calda e la metto sull'unico fornello non occupato da stoviglie sporche che " praticamente spalmato di grasso. Per accendere il fornello mi ungo le mani perchč anche i cerini sono unti. Cuocendo, gli spinaci producono una schiuma grigiastra. Presto mi rendo conto che non sono loro ad emanarla ma i residui carbonizzati della pentola che si scrostano.
Mentre sono lą¬ che mi chiedo come scolerą² la verdura, la situazione precipita. Alle mie spalle sento il volume della televisione che aumenta per gli stacchi pubblicitari. Mariella si alza all'improvviso, corre verso il lavandino e vomita una poltiglia rossastra di arachidi e vino sulla pila di piatti lerci. Poi apre il rubinetto per pulirsi la faccia e, con un filo di vomito che ancora le cola dalla bocca, mi dice che la vista di Castagna le fa sempre quell'effetto. "Non lo posso vedere", dice "mi fa vomitare". In un frangente cosą¬ assurdo mi capita di pensare che devono essere gli effetti delle interruzioni pubblicitarie: distolgono i videodipendenti provocando in loro una crisi di rigetto. Una specie di antaxone per gli eroinomani. Costretto ad allontanarmi dal lavandino per l'aumentato fetore, mi siedo accanto a Marco chiedendo a Mariella di pensare lei agli spinaci. Ma Beautiful č di nuovo in agguanto, e appena ricomincia, Mariella se ne dimentica. Forzandomi oltre ogni limite, scolo gli spinaci alla meno peggio e li do loro in pasto. Finalmente mangiano e bevono, mentre Mariella guarda estasiata il suo programma preferito. č un quadretto tipico: junk food and television. Io e Marco tentiamo un discorso, ma lei urlacchia perentoria di abbassare la voce perchč non riesce a sentire un cazzo. Non trovando una scusa migliore per andarmene, dico che s'č fatto tardi. Mi chiedono di andare a trovarli l'indomani. Accetto, anche perchč mi sembra l'unico modo di uscire.
Per la strada la sera č ancora fresca. Respiro a pieni polmoni.

The day after

Sabato. La mattina seguente Marco č a letto. L'infezione al piede gli ha fatto salire la temperatura. Mariella mi prega di portarlo in ospedale. C'č un'aria tesa. Marco si veste lentamente, mi fa un cenno con l'indice, mi spiegherą  tutto dopo. "Meglio uscire con la febbre, piuttosto che stare qua dentro", dice. Sulla strada per l'ospedale mi racconta della notte passata. Mariella era completamente ubriaca e gli " saltata addosso tentando di fare l'amore con lui. Piangeva, dice Marco. Poi l'ha colpito con i pugni sullo stomaco perchč a lui non gli si rizzava l'uccello.
Alla fine Marco decide di non andare in ospedale perchč si sente troppo male e ha paura. Dice che il fegato non assimila al meglio le sostanze e le riversa, in forma di siero, nella pancia che di conseguenza si gonfia. Torniamo a casa e lui inventa una scusa per Mariella, le dice che ci andrą  nel pomeriggio, si rimette a letto e ripiomba nel sonno. Mariella ne approfitta per raccontarmi la sua versione della notte: "Ho provato in tutti i modi a sedurlo. Ma lui niente, non gli tira". Poi la donna si mette a piangere e a pregarmi: "Devi assolutamente portartelo via da casa mia". Dice proprio "portartelo via", perchč lei non ce la fa pią¹. "Il suo piede in cancrena fa schifo, ha un buco profondo e puzzolente", dice. "Questa notte, quando gli sono saltata sulla pancia gonfia " uscito del liquido giallastro". La guardo in silenzio. "Io mi aspettavo una notte di passione travolgente: l'ho fatto salire apposta!", sostiene agitando le mani in aria. "Una volta avevo un amante slavo: era un portento. Facevamo l'amore tutta la notte, otto, dieci volte, non si stancava mai". Provo a dirle che Marco non ha un posto dove andare, ma lei non mi ascolta, č esagitata. Cammina avanti e indietro. Non si ferma un attimo. Comunque una cosa ce l'ha chiara: "O lui si decide a far l'amore con me oppure se ne deve andare". La porta della camera da letto " socchiusa, dallo spiraglio osservo Marco immerso nel sonno atavico.
Sulla soglia d'ingresso, Mariella tira indietro i suoi capelli lunghi e argentati con una mano. Con un tono suadente mi dice che ho un buon dopobarba. Io non uso dopobarba e quel giorno non ho messo profumo.

Il vortice dell'anonimo

Qualche giorno dopo squilla il telefono. č Marco. Parla a stento. Mi chiede di correre in ospedale. "Dove sei?", chiedo allarmato.
Quando arrivo lo trovo al ridosso del muro, rannicchiato su se stesso in un angolo del letto, solo in una stanza enorme piena di letti vuoti. Il sole č quasi tramontato del tutto e non hanno ancora acceso le luci. Nella penombra vedo che ha un occhio gonfio e la pupilla nera sembra emergere da una goccia di sangue. Fa impressione. Ha la barba incolta e un nugolo di macchioline rosse seminate su tutta la faccia. č strano: l'ospedale non puzza di ospedale. La mia tensione si allenta. Marco muove appena le labbra, quasi non riesce a parlare. Sono costretto ad avvicinarmi alla sua bocca per sentirlo sussurrare che si č dimesso dal Gemelli perchč l'avevano messo in un reparto di malati terminali, vicino di letto di uno con il sarcoma alla pelle per l'aids. "Ho avuto un attacco d'ansia", dice "e ho chiesto dei tranquillanti". Gli hanno portato Tavor e Valium a volontą  e si č imbottito. Mi fa paura. Si muove lentamente, sembra un serpente a cui hanno schiacciato la testa, ma che ancora vive. Esco dalla sua stanza per cercare un medico. Quando lo trovo non mi chiede se sono un parente. Dice che probabilmente il paziente sta passando dalla fase di sieropositivitą  alla malattia conclamata. Gli ospedali non sono attrezzati per questa piaga. I malati di aids insieme agli altri pazienti sono incitati, indirettamente, all'auto-esclusione o al suicidio.
Torno da Marco. Mi chiede se ho portato la telecamera: per lui č diventato un mezzo che lo tiene legato alla vita. Gli dico che non ho fatto in tempo a prenderla perchč ero preoccupato per lui, per la sua voce strana al telefono. Ripete un paio di volte: "Sono forte, ce la farą². Voglio rimettermi in carreggiata". Dice che questa mattina ha bevuto tantissimo dopo aver preso Tavor e Valium. Ha trovato una bottiglia di brandy quasi intera e l'ha finita. Gli chiedo perchč ha l'occhio conciato in quel modo, ma non risponde. "Chi ti ha fatto questo?", ma lui continua a tacere.
Intanto la stanza č calata nella completa oscuritą  e nel silenzio. Mentre anche Marco sprofonda nel sonno, penso tra me che lui rifiuta la sua malattia, l'aids, perchč č un'ennesima tappa verso l'esclusione, verso la morte. Giustamente si " dimesso dal reparto per malati terminali, ma č costretto a bere brandy, che tra l'altro odia, per evadere, per non vedere la morte che lo circonda e che lo chiama. Marco dorme. Il suo odore di strada permea tutta la stanza. Cerco di ricostruire l'accaduto. Probabilmente, dopo essersi dimesso, ha avuto un collasso, per la strada, poi č arrivata l'ambulanza e lo hanno portano qui, in un altro ospedale, l'ennesimo, dove, dormendo, riacquista luciditą  e ricomincia a sperare di farcela. Eppure ogni giorno la sua situazione precipita. L'alcol gli devasta il sistema nervoso, il fegato non filtra pią¹ per la cirrosi. Forse č causa dell'aids, ma non ne sono convinto.
Questa " la storia della fine della sua vita, č la spirale del dolore e della morte. č il vortice in cui sono intrappolate le persone anonime come lui che vivono e muoiono nell'anominato. Gli ospedali non sono attrezzati per affrontare questo dramma. Il medico mi ha consigliato di portarlo con la mia macchina allo Spallanzani strizzandomi l'occhio: "Te convie'", mi ha detto. La veritą  č che si giocano i pazienti a ping-pong e a Marco tocca la parte della pallina, penso, mentre le palpebre si fanno sempre pią¹ pesanti.
Quando si sveglia, Marco " di buon umore. La notte " passata veloce e nessuno mi ha detto niente per il fatto di essere rimasto lą¬. Oggi non lavoro. Marco " affamato e molto loquace. Allora ne approfitto: "Dopo aver fatto colazione parliamo e mi racconti tutto". Mentre usciamo verso il bar sull'Isola Tiberina, mi dice che le scuole, le carceri e gli ospedali hanno la stessa architettura perchč hanno la stessa funzione, ossia recludere le persone e spogliarle della propria identitą . Dice che l'astanteria č il limbo attraverso il quale si accede ai gironi dell'inferno. "Ogni notte arriva gente squartata e urlante mentre sono proprio gli infermieri, sguaiati e insulsi, che dovrebbero essere ricoverati in un ospedale psichiatrico per il loro cinismo, l'indifferenza e per come strascicano i loro zoccoli del cazzo".
Davanti a un cappuccino tiepido e a un cornetto fragrante, dice: "Tu sei l'unica nota di delicatezza in questo posto dominato dalla tirannia degli infermieri.Ma ce n'č uno che č inumano: č un angelo. Un angelo nero", precisa, "perchč č africano". Poi aggiunge: "Come dappertutto ci sono i bravi, i bravissimi e i pezzi di merda. Uomini e caporali". Ha la faccia scavata e una pancia sempre pią¹ gonfia. Gli chiedo quando ha cominciato ad avere la pancia cosą¬. "Ha iniziato a gonfiarsi in agosto", racconta. "Ero in vacanza, są¬ insomma ero andato in campeggio a Ostia a lavorare, cioč a camminare su e gią¹ per la spiaggia per fare colletta. La pancia ha iniziato a gonfiarsi, per il caldo, l'alcol e tutto il resto". Si accende una sigaretta e continua: "Sapevo perfettamente cosa fosse, ma non mi andava di entrare in ospedale ad agosto perchč ad agosto ci sono solo i dottorini che stanno facendo la specializzazione e che rischiano di rovinarti. Cosą¬ ho aspettato settembre: praticamente sto dentro da allora e non ce la faccio pią¹". Finisco il mio cappuccino e lui il suo. Usciamo in silenzio e sento l'ansia crescere nel petto.
"L'ospedale angoscia e deprime", dice "eppure ho fatto tanto per la mia discesa. č un istinto a farsi male. Ero come programmato. Ecco perchč ho questa pancia: sono vent'anni che bevo. Certo non cosą¬. E poi c'č lo stress nervoso dello stare per strada e i nervi a pezzi che favoriscono la distruzione fisica. E questi ultimi, maledetti dieci anni che hanno dato la botta finale". Sul lungotevere le macchine passano con la tipica indolenza di un giorno prefestivo.
"Ma non č un problema solo mio", continua Marco. "I miei amici, quelli della mia generazione, quelli che hanno resistito al boom dei ragionieri degli anni Settanta, sono finiti tutti come me".
"Cosa farai adesso?", gli chiedo. "Non lo so", dice.
"E con Mariella?". "Non sono un prostituto", risponde. "La vedrai ancora?", insisto. "Non sono un prostituto", ripete.


Reply
Recommend  Message 10 of 18 in Discussion 
From: Free ZoneSent: 6/4/2003 3:06 PM

http://www.santegidio.org/it/solidarieta/senzadimora/chisono01.htm

Chi sono le persone senza dimora ?

Negli ultimi anni a causa della crisi dello Stato sociale che ha interessato molti paesi europei o delle peggiorate condizioni economiche di altri, il numero dei senza tetto č andato aumentando.

E' un mondo complesso, non uniforme composto di persone di etą , itinerari e situazioni molto diverse.

Sempre pią¹ spesso i motivi che portano alla condizione di senza dimora non sono riconducibili ad eventi eccezionali o a storie di particolare emarginazione. Al contrario si tratta di avvenimenti che possono toccare molti: uno sfratto, una tensione familiare che non si risolve, la perdita del lavoro, una malattia possono trasformare, laddove manca il sostegno necessario, persone che fino a quel momento conducevano una vita "normale" in persone sprovviste di tutto. Per questo si possono incontrare anziani che hanno subito lo sfratto, adulti che dopo una separazione coniugale perdono ogni punto di riferimento, e sempre pią¹ spesso giovani senza lavoro.

Tra i senza dimora merita un discorso a parte la presenza di stranieri: in genere si tratta di giovani che dormono in strada solo durante il primo periodo di immigrazione a causa della carenza delle strutture e che vivono questa esperienza con umiliazione pur accettandola come un passaggio obbligato per il futuro inserimento.

In alcuni paesi soprattutto nel Sud del mondo, ma anche nei paesi dell' Est europeo, sempre pią¹ consistente č il problema dei "menią±os da rua", bambini spinti sulla strada dall'estrema povertą  e dalla disgregazione delle loro famiglie.

A volte, tra i tanti mendicanti in Africa e in America Latina oltre a lebbrosi, malati, si incontrano intere famiglie che hanno perso la casa.

Vivere per strada, contrariamente a quanto spesso si pensa, non č quasi mai una scelta. La vita in strada infatti č una vita dura e pericolosa; č una lotta quotidiana per la sopravvivenza. Ogni anno tante persone muoiono di stenti o di freddo nelle cittą  ricche del nord del mondo e nei paesi poveri.

Tanto meno č una scelta di libertą : chi č senza casa vive una condizione di grande vulnerabilitą  perchč č costretto a dipendere da tutti anche solo per i bisogni pią¹ elementari, ed č esposto alle aggressioni, al freddo, all'umiliazione di essere cacciato perchč indesiderato. 

L'assenza della famiglia

Per molte persone la crisi inizia e coincide largamente con una famiglia che non c'č, non c'č mai stata o comunque non funziona pią¹.
La presenza femminile non č indifferente.

La solitudine fa impazzire
Alcuni soffrono di problemi psichici. Ogni stranezza ha una storia spesso carica di sofferenza.
La lotta per la propria dignitą 
La vita per strada č una lotta quotidiana per la sopravvivenza. C'č chi ingaggia una battaglia quotidiana per mantenere un aspetto dignitoso. 
La tempesta della vita
Tra i senza dimora l'alcolismo č molto diffuso.
In queste persone non si spegne il desiderio della vita "normale" ma la loro condizione č tale da farlo apparire un sogno irrealizzabile.
Il paradosso di essere giovani senza futuro
Anche l'etą  media dei senza dimora si č abbassata soprattutto per la presenza di un sempre maggior numero di giovani.
Piccoli ergastoli
Molti hanno avuto un'esperienza di detenzione. Chi "sbaglia" una volta, paga una pena doppia: la detenzione e la successiva ripetuta esclusione dal contesto sociale e lavorativo.
Senza lavoro
La mancanza di lavoro č un problema che attraversa tutto l'universo della strada. Non avere una casa rende pressochč impossibile trovare un lavoro o conservarlo.
Senza casa
C'č anche chi si trova per strada perchč ha perso l'alloggio.

Essere stranieri
Per molti che emigrano con la speranza di lavorare e mandare i soldi in famiglia, l'esperienza della strada č una prima difficile tappa, assolutamente indesiderata, per inserirsi.
La speranza di un futuro migliore
C'č una grande domanda di un futuro diverso che tutti meritano proprio in considerazione della loro condizione cosą¬ difficile.

   


Reply
Recommend  Message 11 of 18 in Discussion 
From: Free ZoneSent: 6/4/2003 3:09 PM

L'assenza della famiglia

http://www.santegidio.org/it/solidarieta/senzadimora/chisono02.htm

Negli ultimi anni l'universo dei senza dimora ha subą¬to molte trasformazioni. I cosiddetti barboni ne costituiscono solo una parte. Si incontrano infatti, sempre pią¹ frequentemente persone con un passato apparentemente normale che a causa di eventi drammatici ma non straordinari, si sono trovati in strada: anziani che hanno subą¬to lo sfratto, adulti che a causa della separazione con il coniuge si sono allontanati dalla famiglia senza trovare una sistemazione alternativa, giovani che hanno perso il lavoro, stranieri provenienti dai paesi in via di sviluppo. Ne consegue che la composizione del fenomeno in questi anni si č molto diversificata. Anche l'etą  media si č abbassata soprattutto per la presenza di un sempre maggior numero di giovani.

Per molte persone la crisi inizia e coincide largamente con una famiglia che non c'č, non c'č mai stata o comunque non funziona pią¹. E' proprio il deteriorarsi dei rapporti familiari a spingere molte persone sulla strada. E' questo senz'altro di gran lunga il motivo principale con il quale i senza dimora spiegano il loro arrivo e la permanenza per strada: la famiglia si presenta come un nodo fondamentale, anche se non l'unico, per sciogliere l'enigma di tante storie.

Storie di incomprensione e di rottura lasciano nella vita di tutti segni palpabili, tanto pią¹ nella vita delle persone senza dimora per i quali il ricordo della famiglia č legato alla memoria di una vita bene o male stabile, regolata. Nei racconti, perą² č bruciante la ferita degli affetti perduti, e anche di un micro-benessere che non c'č pią¹.

Alcolismo, tossicodipendenza, malattia psichica, disoccupazione sono gravi problemi sociali che l'ambiente familiare č relativamente capace di sostenere: c'č un crinale difficile lungo il quale nascono e si snodano storie tragiche di incomprensione, delusioni, tensioni, paure, a volte veri propri drammi. Pią¹ spesso situazioni di tensione grave si risolvono con l'allontanamento volontario o obbligato di qualche membro della famiglia. Quali sono le alternative? E' in genere l'inizio di una strada senza ritorno.

La strada al femminile
In strada č duro e pericoloso vivere. Per questo si incontrano pią¹ uomini che donne. Tuttavia la presenza femminile non č indifferente considerato il grave disagio della vita dei senza tetto. Infatti la paritą  dei sessi in strada non č una conquista ma un obbligo imposto dalla necessitą  di sopravvivere: bisogna saper vivere e difendersi come un uomo, ma la lotta č spesso impari e le donne sono di fatto svantaggiate due volte. La solitudine oltre che un peso č un rischio.


Reply
Recommend  Message 12 of 18 in Discussion 
From: Free ZoneSent: 6/4/2003 3:13 PM

L'amicizia per strada


Stazione Termini - Roma - Italia  

Il primo impegno della Comunitą  č essere per chi č senza dimora una presenza vicina e amichevole, restituendo ad ognuno la dignitą  di persona con i gesti semplici del rispetto e dell'amicizia. Ogni membro della Comunitą  č coinvolto in questa solidarietą  verso chi vive per strada anche attraverso l'aiuto parziale e episodico dell'elemosina, del sorriso, della parola.

L'elemosina, gesto rilevante nella vita cristiana, impedisce di chiudere gli occhi di fronte a chi ha bisogno: per questo ci umanizza e permette una relazione personale anche se breve e sporadica con chi č povero. L'elemosina non č che il segno pią¹ semplice e meno impegnato della solidarietą .

La condizione di solitudine e di isolamento č comune a tutte le persone senza tetto: a volte č cosą¬ profonda che alcuni non solo hanno perso ogni contatto con la famiglia ma spesso hanno scarsissimi rapporti con il mondo intorno. Fermarsi, scambiare qualche parola con loro, puą² sembrare poco in una vita ricca di relazioni. Chi vive per strada spesso invece non ha occasione di parlare con nessuno se non per chiedere aiuto - e a volte senza risposta - e non č mai chiamato per nome da nessuno. Il nome viceversa rappresenta la persona, la sua storia. Salutare, atto umano di civiltą , presentarsi, chiedere il nome e dire il proprio, spezzano il disprezzo di cui queste persone spesso sono circondate e sono segno di rispetto e di riconoscimento della loro dignitą . Questo č il primo grande aiuto che possiamo dare a questi poveri: restituire loro la dignitą  di persone e l'attenzione che č loro dovuta proprio a causa delle dure condizioni in cui vivono.


Yaoundč - Cameroun

Tutti, quando sono in difficoltą , hanno bisogno di qualcuno che gli dia una mano: chi vive per strada ha accumulato nella sua vita delusioni e fallimenti e si trova quotidianamente a combattere con problemi di difficile soluzione: quelli della sopravvivenza, del rapporto con gli altri, della intolleranza del mondo intorno. Avere qualcuno a cui chiedere aiuto e che sappia ascoltare senza pensare di conoscere gią  la soluzione č tanto raro quanto fondamentale.

Non č vero che chi vive cosą¬ ha perso il desiderio di avere una vita normale, ma la grande quantitą  di problemi da affrontare e l'assenza di sostegno provocano una rassegnata disperazione che viene spesso scambiata per rifiuto. La fedeltą  nell'amicizia e la  rispettosa ricerca di soluzioni concrete ai problemi di ciascuno permette di costruire un futuro migliore anche in situazioni dove un cambiamento sembra impossibile.


Reply
Recommend  Message 13 of 18 in Discussion 
From: MSN NicknameSwingĀ©Sent: 6/4/2003 9:34 PM
Abbiamo il vizietto corroborato di guardare gli altri basandoci sul loro status. Se riteniamo di esser loro superiori, tendiamo a Non guardarli, a Compatirli o peggio ad Accusarli per il loro parassitismo sociale e la fuga dai Doveri Sociali.
Mi viene in mente una frase di Marquez letta nella lettera inserita qui qualche giorno fa..........
 
Ho appreso che tutto il mondo vuole vivere sulla cima della montagna, senza
sapere che la vera felicita' sta nel modo di salire la scarpata.

Ho appreso che quando un neonato afferra con il suo  piccolo pugno, per la
prima volta, il dito di suo padre, lo tiene intrappolato per sempre.
Ho appreso che un uomo ha il diritto di guardarne un altro dall'alto in
basso soltanto quando deve aiutarlo ad alzarsi.

Chissą  perchč č sempre n'impresa accettare d'essere UMANAMENTE UGUALI
 
Swing

Reply
Recommend  Message 14 of 18 in Discussion 
From: MSN NicknameĀ¤ÄŠÄ…Š³ląøĀ¤Sent: 6/5/2003 10:14 AM
Abbiamo lo stramaletto vizio di PRE-GIUDICARE, cara Swing.
 
Perchč č commodo assaje, poco faticoso, non richiede alcuno sforzo  e soprattutto NON MODIFICA DI UNA VIRGOLA LE NOSTRE AZIONI E ABITUDINI.
Se uno sconosciuto finisce a vivere sulla strada, sotto i ponti e vive "alle spalle" NON PUO' ESSERE COME ME. E' uno che se l'č cercata, uno sfaticato, un perdigiorno, uno senza iniziativa, manco i suoi si sono dati la briga o sicuramente quello ha sfruttato pure la sua famiglia. Figlio ingrato, fratello sanguisuga, padre evanescente, madre....(non lo scrivo). No, niente confidenza, se gli dą² mezz'euro quello se lo spende per bere, se gli faccio un sorriso č uno Spreco, se lo saluto maronnnn mi comprometto perchč poi chi li sente gli altri benpensanti che animano il mio ambiente. Se gli parlo, sono un ingenuo o uno che cerca guai, il fesso abbindolato da un marpione. Io tratto SOLO con quelli che mi possono DARE. Mica są² fesso io.
 
 
No, io al suo posto non mi sarei MAI ridotto. Sono Attila e Gig robot d'acciaio io. le debolezze e fragilitą  umane non mi sfiorano. A me. Sono autonomo, io. Tutti mi vogliono bene, a me. Perchč sono produttivo, io.
Perą² non so cosa passa per la testa dei miei figli e loro non sanno cosa passa nella mia, non mi parlano e viceversa. Basta che studiano e non combinano casini, per il resto, facciano come gli pare.Mammą  non la sento da un paio di settimane, io, ma quella sta bene da sola; č lei che  vuole  vivere da sola, mica la posso forzare, io.
 

Roberto ha 36 anni e vive a Roma sotto, una tenda, sull'argine del Tevere di fronte all'Isola Tiberina. Di giorno Roberto fa l'elemosina per strada a Trastevere mettendo in scena alcuni spettacolini per i passanti. Sono dieci anni che Roberto sta sulla strada, sempre a Roma, sempre sotto una tenda. Roberto ha un figlio che non ha mai visto. Perchč la sua fidanzata di allora, dopo essere rimasta incinta di Roberto non ne ha voluto pią¹ sapere.

Roberto č nato in Svizzera perchč i suoi genitori erano emigrati per cercare lavoro. Il padre faceva l'operaio, la madre pure. Ma quando Roberto ha 20 anni, un giorno trova in casa il padre che si č impiccato. Dopo 4 anni anche la madre muore, di tumore, Roberto nel frattempo č tornato a Roma. Le sue esperienze di lavoro sono disastrose, fa l'elettricista presso pią¹ di una ditta che alla fine dell'impiego neanche lo pagano. Dorme presso uno zio che dopo un po' lo butta fuori di casa.

E Roberto si trova per la strada. Conosce una ragazza, ma i genitori di lei boicottano la loro relazione. Fino a quando la ragazza rimane incinta e a Roberto non lo vuole pią¹ vedere. Roberto, per la strada, ha cambiato dimora tante volte. Per un motivo o per un altro č sempre stato sgomberato dalle autoritą .
 
 
Beh e che č sta lagna in televisione - (no, na riflessione su quanto quell'uomo TI somiglia...meglio Vespa o Costanzo coi Saltimbanchi pre-confezionati loro )!!!!!
 Passami il telecomando che me vojo svagą  io!
Mi manca lo stuzzicadenti, me lo prendi - (cosą¬ manco m'alzo)?

 
Carlo

Reply
Recommend  Message 15 of 18 in Discussion 
From: MSN NicknameĀ¤ÄŠÄ…Š³ląøĀ¤Sent: 6/5/2003 10:27 AM
FORUM DELUDENTE quello del sito Italiauno. Bah.
Il solo commento che ho trovato degno di Nota č quello scritto da Luciano prima dell'ultima puntata di martedą¬ scorso.
 
LUCIANO
fra qualche ora andrą  in onda l'ultima puntata del vostro programma prima della pausa estiva.
Sono stati solo 5 appuntamenti, ma sono riusciti a smuovere la sensibilitą  di tanti che, vivendo in altri mondi, non potevano capire e conoscere il perchč della vita al di fuori degli schemi cosiddetti "normali".
Ho abitato diverso tempo a Trastevere ed ho avuto modo di conoscere diverse persone che vivevano in strada e credo di essermi arricchito tanto della loro filosofia e del loro affetto.
Non alleggeritevi la vostra coscenza solo con i pochi centesimi che gli donerete. Parlateci sinceramente e senza pregiudizi, senza pena.
Non si diventa barboni dall'oggi al domani,quante porte chiuse, quanta indifferenza, quanta solitudine hanno dovuto subire. Meglio la libertą  che i ricatti.

Reply
Recommend  Message 16 of 18 in Discussion 
From: MSN NicknameĀ¤ÄŠÄ…Š³ląøĀ¤Sent: 6/5/2003 10:32 AM
Da: Free Zone Inviato: 04/06/2003 17.03
Istituzione Biblioteche del Comune di Roma Galleria Comunale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma

http://www.mediatecaroma.it/homeless/index.html

 

il progetto
Roma - Parigi - New York - Tokyo

il progetto

altri siti
gli autori credits
la rassegna video come contattarci
le foto
conferenza stampa
videocartoline
Home Mediateca Roma
Galleria Comunale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma - Via Reggio Emilia, 54 - 8-30 novembre 2000

-----

Eliminato su e ricopiato qui togliendo i frames che allargavano in modo abnorme la pagina rendendo difficile la lettura dei posts.

 


Reply
Recommend  Message 17 of 18 in Discussion 
From: EsperantoSent: 6/5/2003 11:01 AM
Col lavoro che faccio - l'infermiere - non mi posso mica permettere il lusso di fantasmizzare chiunque sia. Quando un senza dimora arriva in PS e non č un evento eccezionale ma di routine, lo noti a vista il "FASTIDIO" degli altri, e non per essere di parte, ma i parenti degli altri pazienti danno il peggio di sč in queste circostanze. So benissimo che quando hai qualcuno a cui tieni che sta male gli altri sbiadiscono, e diventi piuttosto anestetizzato verso gli altri, compresi quelli che stanno male. Non li guardi negli occhi e non ti rendi conto di quanto sia maledettamente arduo star male da SOLI, e se la vita che fai non č generosa con te non puoi pretendere dall'altra parte sorrisi e garbo. T'abitui secondo me a non essere visto e rispondi pian piano con la stessa moneta anestetica........ Per chi in ospedale ci lavora otto ore ogni giorno con professionalitą  non si puą² permettere di sbiadire NESSUNO e nella classifica chi non ha nessuno non viene all'ultimo posto.
Anche il fatto di sottovalutare le sofferenze degli altri fa parte dei GUAI dei pregiudizi e dell'idea che NOI siamo i meglio e abbiamo prioritą . Quanto č falso.
 
Esperanto

Reply
Recommend  Message 18 of 18 in Discussion 
From: MSN NicknameCreativaĀ®Sent: 6/5/2003 11:23 AM
anestetizzarci.....axx se siamo bravi a tappare ogni antenna - spiraglio di ricezione esterna a noi e poi pretendiamo di essere presi in considerazione, altrui.
Bei presuntuosi sbruffoni che siamo.
Creativa

First  Previous  4-18 of 18  Next  Last 
Return to General  Prev Discussion  Next Discussion  Send Replies to My Inbox 
Notice: Microsoft has no responsibility for the content featured in this group. Click here for more info.
  Try MSN Internet Software for FREE!
    MSN Home  |  My MSN  |  Hotmail  |  Shopping  |  Money  |  People & Chat  |  Search
Feedback  |  Help  
  Ā©2004 Microsoft Corporation. All rights reserved.  Terms of Use  Advertise  TRUSTe Approved Privacy Statement  GetNetWise